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autore
brano
 
Cicerone
I doveri, II, 26
 
originale
 
[26] Testis est Phalaris, cuius est praeter ceteros nobilitata crudelitas, qui non ex insidiis interiit, ut is, quem modo dixi, Alexander, non a paucis, ut hic noster, sed in quem universa Agrigentinorum multitudo impetum fecit. Quid? Macedones nonne Demetrium reliquerunt universique se ad Pyrrhum contulerunt? Quid? Lacedaemonios iniuste imperantes nonne repente omnes fere socii deseruerunt spectatoresque se otiosos praebuerunt Leuctricae calamitatis? Externa libentius in tali re quam domestica recordor. Verum tamen quam diu imperium populi Romani beneficiis tenebatur, non iniuriis, bella aut pro sociis aut de imperio gerebantur, exitus erant bellorum aut mites aut necessarii, regum, populorum, nationum portus erat et refugium senatus, nostri autem magistratus imperatoresque ex hac una re maximam laudem capere studebant, si provincias, si socios aequitate et fide defendissent.
 
traduzione
 
26. Ne ? testimone Falaride, la cui crudelt? ? rimasta famosa sopra tutti; costui non mor? a causa di un agguato - come l'Alessandro che ho or ora ricordato - non per mano di pochi - come quel nostro tiranno; ma tutta la popolazione di Agr?gento si sollev? contro di lui. E che? I Macedoni non abbandonarono Demetrio e passarono tutti insieme dalla parte di Pirro? E che? Forse che gli alleati non si distaccarono subito dagli Spartani, che comandavano con maniere ingiuste, e se ne stettero oziosi spettatori della disfatta di Leuttra? In un tale argomento ricordo pi? volentieri gli esempi stranieri che i nostri. Tuttavia per tutto il tempo che l'impero romano si resse sui benefici e non sulle offese, si conducevano le guerre o in difesa degli alleati o per lo Stato, e il loro esito era o mite o necessario; il senato era il porto e il rifugio dei re, dei popoli e delle nazioni, e i nostri magistrati e generali si sforzavano di ottenere la maggior gloria da questo solo, se avessero difeso le pro vince e gli alleati con giustizia e lealta
 

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